Diniego di autotutela: da annullare per “vizi propri”, ma solo se il Giudice accerta l’esistenza di un interesse pubblico all’annullamento.
Accolto dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sardegna - Sezione Distaccata di Sassari, l’appello proposto dallo Studio Legale Luciano.
Nella vicenda sottoposta al vaglio del Giudice, il contribuente non aveva impugnato per tempo una cartella di pagamento, di importo elevato, regolarmente notificatagli; in forza di quell’atto, a distanza di anni, Equitalia (ora Agenzia delle Entrate – Riscossione) aveva iscritto ipoteca esattoriale su alcuni immobili di sua proprietà.
Il contribuente si è rivolto pertanto agli Avvocati Giovanni Battista Luciano e Alessandro Spano, i quali hanno ravvisato un possibile profilo di illegittimità della cartella; non potendola più impugnare direttamente davanti al Giudice (ormai era abbondantemente decorso il relativo termine), ne hanno chiesto l’annullamento in autotutela all’Agenzia delle Entrate, che tuttavia ha rigettato la richiesta con un diniego motivato.
Hanno pertanto impugnato il provvedimento di diniego motivato, non solo eccependo “vizi propri” di tale ultimo atto, ma anche, sulla scorta di un interessante e ormai consolidato insegnamento della Corte di Cassazione, individuando un preciso interesse pubblico all’annullamento che avrebbe dovuto indurre l’Agenzia a “ritirare” il proprio atto (sebbene diventato definitivo per mancata impugnazione).
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha accolto la tesi proposta nell’appello, accertando l’illegittimità del diniego per vizi “propri”, e riconoscendo l’esistenza di quel preciso interesse pubblico all’annullamento meglio individuato ed esplicitato nel ricorso redatto dallo Studio Legale Luciano.
Non solo: il Giudice d’appello ha anche affermato che l’Agenzia ha “l’onere (e anche l’obbligo giuridico) di uniformare la propria condotta impositrice ai principi generali”, statuendo che “alla illegittimità del rigetto consegue l’obbligo per l’Agenzia di procedere all’annullamento della cartella, e quindi allo sgravio di qualunque pretesa (…)”.
Il contribuente ha quindi ottenuto, sia pur indirettamente, il risultato che auspicava: la cartella, che pure aveva (colpevolmente) “trascurato”, verrà comunque annullata; le somme versate negli anni per pagare il debito portato nella cartella (o quantomeno parte di questo) gli verranno interamente rimborsate, unitamente agli interessi; l’ipoteca esattoriale iscritta in forza di quella cartella verrà cancellata; i beni immobili verranno “liberati”.
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sardegna, Sezione Distaccata di Sassari, Sentenza n. 345/2023





